Nel gioiello della “Casa Teatro Ragazzi” è andato in scena un passaggio fondamentale per la città: la presentazione del “percorso” che la città sta affrontando per riuscire a definire un simbolo in grado di identificarla e riassumerla.
La percezione di Torino è stata esposta grazie a una ricerca condotta dall’istituto Piepoli, redatto in base a interviste fatte a torinesi, ai turisti, agli studenti, e ai cittadini del resto d’Italia. Prima sorpresa: solo quest’ultimi identificano la città come autocentrica. Per tanti fuori Torino non è più la one company town
Fiat insomma.
Gli altri pensano quindi che Torino sia soprattutto arte, cultura e università. Si diversifica, quindi, senza però trovare a nostro parere (Torino Città Stato) quella chiarezza d’intenti necessaria per questo periodo.
Ad essere emerse dallo studio non solo soltanto le percezioni di abitanti, cittadini del resto d’Italia, turisti e studenti, ma anche considerazioni e dettagli su quello che vuole essere la città nel futuro.
I dati salienti del rapporto Piepoli sono visibili nel link che postiamo sotto l’articolo: lì potete trovare il video con l’esposizione dello studio e gli interventi successivi. Le domande della ricerca sono servite anche per “giocare” su quelle che sono le impressioni e le definizioni di Torino: i colori che l’identificano? Per tantissimi sono verde e blu. La forma? Quadrata: come suggerisce la Gestaldt (psicologia della forma) è sinonimo di solidità. Ma, attenzione, per i turisti è poliedrica: ha tante cose, come una persona con tante capacità. La musica che la rappresenta? Jazz e classica. Ma, secondo Marco Boglione (uno degli ospiti della presentazione), non è vero ”Torino è musica elettronica, e cita il Kappa Futur Festival, che è uno dei primi 5 al mondo”. Sotto questo aspetto Oscar Farinetti dice il suo pay off (ovvero il moto, lo slogan): “Tanta roba”!
Tra i lati negativi emergenti delle città: l’ inquinamento e trasporti, due criticità ben note ai torinesi.
Le puntate di questo percorso, che costa 432.000 euro, saranno ancora lunghe: per sapere le successive bisogna inquadrare il qr code all’inizio del filmato.
C’è però per noi un altro racconto, dove conta di più quello che non è stato detto rispetto a quello che è stato detto. Ovvero: cosa accade dopo il city branding? Torino stenta a definire e a comunicare bene le sue nuove “aree” d’azione. Qualcosa emerge: cultura, architettura, università. Su come promuovere le varie peculiarità della città abbiamo parlato in uno degli scorsi articoli.
Definizione a parte, l’altro problema riguarda la costanza della comunicazione: non solo del logo ma anche delle cose da comunicare. L’esempio da seguire, come sempre, riguarda la coerenza temporale e concettuale del Trentino Alto Adige e dell’Emilia Romagna. La prima, con una semplice ma convincente campagna in atto da anni, ha uno status sempre alto nella scala reputazionale dei turisti italiani e stranieri.
Il tutto valorizzando asset e brand (come “lake garda”) sempre molto gettonati. L’Emilia Romagna invece non ha puntato sulle città ma su un fortissimo branding regionale, declinato nella Motor Valley e nella Food Valley. Il problema del legame tra la promozione cittadina e quella regionale è stata fatta notare in
modo incidentale da Farinetti parlando delle Langhe, un altro colosso che ingombra piacevolmente lo scenario del Piemonte. Come “legare” la città con altre realtà del territorio (per esempio col “sistema”) montano? E’ evidente che, logo a parte, il futuro piano di branding e comunicazione deve necessariamente tenere conto di queste cose, tenuto conto che la concorrenza fra i territori è sempre più grande.
L’occasione di parlare di city branding è utile per ricordare quali sono quelli utilizzati negli ultimi 20 anni.
Si può partire dalla molte stilizzata per Torino 2006 per arrivare al quella “Torino So Much of everything” (l’equivalente di “Torino tanta roba” di Farinetti, che forse involontariamente non ha fatto altro che tradurre questo claim in italiano). Tra l’altro il fatto che Torino abbia tutto l’ha già detto Silvio Saffirio circa due decenni. Il problema, mai risolto dalle istituzioni, è sempre quello: come comunicare bene, differenziandole, queste unicità? Noi le idee chiare le abbiamo (vedi articolo del 24/08/2024).
Ecco in sintesi gli interventi dei partecipanti:
Stefano Lo Russo, Sindaco di Torino: per tanti stranieri l’Italia è Roma, Firenze, Venezia. Poi ci sono posti specifici come la costiera amalfitana e Milano. Di Torino è poco nota la dimensione storica della città. Occorre trovare qualcosa in cui tutti si riconoscono, bisogna tornare a essere orgogliosi come quando c’erano le Olimpiadi. Ci sarà quindi un logo, un claim. Ma occorre che chi vinca sappia raccontare l’identità della città.
Alessandra Bianco, direttrice comunicazione Lavazza: sui nostri prodotti c’è scritto: Torino, Italia 1895. Claim scelto nel 2015, prima non c’era Torino. E’ una scelta ben precisa. Torino è capitale dell’espresso italiano nel mondo. La città ha bisogno di una sua sintesi. Occorre sviluppare l’accoglienza.
Oscar Farinetti, fondatore di Eataly: occorre trovare una cosa sopra tutto: ville lumiere è Parigi, città della mela è NY. Noi dovremo aspirare a tanto. L’identità è fondamentale per qualsiasi persona, città, azienda. Ci sono due binari: uno è la ricerca del pay off per la città, cosa che conosco bene perché lavoro in 17
paesi del mondo. Un’altra cosa è un grande progetto per la città. Le città che vinceranno saranno quelle che faranno il green deal e posti di lavoro collegati. Quindi: una ciittà senza tante vetture, verde. Le prima in questo sono quelle nordiche. Occorre dare un ruolo anche al Palazzo del lavoro. Ci va un colpo d’ala. Poi Torino deve diventare capitale del Piemonte. Io vengo dalle Langhe, Torino è la città più grande vicino alle Langhe. Le Langhe hanno identità. Torino è un Hub dove si arriva. Occorre puntare sull’unicità che abbiamo: “The royal italian city”. Abbiamo il patrimonio Unesco, con le residenze sabaude: valorizziamo.
Maurizio Scanavino, amministratore delegato Juventus: la squadra ha 560 milioni di tifosi nel mondo, quindi tutti sanno dov’è Torino. Per far crescere la città ci sono stati eventi come Italian Tech Week. Occorre portare persone diverse dal semplice turista.
Piera Gallo, marketing Fiat: la nuova 500 ibrida si chiamerà Torino. Abbiamo un museo, prima casa 500 ora casa Fiat. Noi ci teniamo sempre a fare le presentazioni dei nuovi prodotti Fiat qui a Torino, portiamo nella città qualcosa come 1000 giornalisti all’anno.
Marco Boglione, fondatore del gruppo Basic Net: contano più le immagini o le parole? Per me le immagini. Le cose si raccontano per simboli. Ne abbiamo avuti di fortissimi. One town, one company: Fiat. Abbiamo costruito tutto su questo. Poi c’era la Juventus, che era legata all’avvocato Agnelli. Un nuovo Re d’Italia. Oggi c’è bisogno di più cose, per tutte le città è così. Oggi bisogna esagerare un po’. Non bisogna mentire, ma dà il senso di quanto uno ci crede. Uno triste non riesce a vendere niente. Occorre avere un progetto su Torino, una visione. Occorre fare squadra. Come? Instaurando un meccanismo automatico delle eccellenze. Quello ci accomuna. A quel punto occorre innescare il meccanismo della competizione. Fare squadra senza competizione, trovare il modo di competere con gli altri, sfidandoci per fare meglio.
Occorre competere con le altre città. Instaurare il clima che c’era nelle Olimpiadi. Coraggio, osare, sfidare gli altri. Torino, nonostante la gravissima crisi, c’è ancora e quindi ci sono stati settori nei quali è cresciuta.
NB: È possibile rivedere l’evento pubblico trasmesso giovedì 24 ottobre 2024 in diretta streaming dalla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani sul canale YouTube della Città.Contatti:Per informazioni è possibile scrivere a citybranding@comune.torino.it. http://www.comune.torino.it/citybranding/