La Globalizzazione, le Scelte in Europa e il Piemonte

8 Ottobre 2024
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L’onda della globalizzazione sta portando all’apice la sua evoluzione. Occorre analizzare bene quelle che sono le importanti conseguenze anche in un territorio come quello piemontese. Diamo ormai per scontata l’incapacità di agire e/o reagire del sistema politico. Le organizzazioni del territorio forse potrebbero comunicare meglio le trasformazioni in atto, con costanti aggiornamenti.
Le recenti voce della fusione di Stellantis con Renault (con l’aggiunta di BMW) sembrano ormai portare ad ulteriori livelli la situazione, sganciandola anche da quello che un miracolo potrebbe fare.
Il “turismo industriale” del Sindaco Lo Russo (prima in sud Corea poi in Vietnam) non sembra portare da nessuna parte: che senso andare in Vietnam per portare come dice lui “alcune buone pratiche torinesi”?
Qualsiasi persona con un minimo di buonsenso potrebbe pensare che Lo Russo abbia almeno un asso nella manica da tenere in piedi per motivi di riservatezza. Purtroppo, per Torino, le cose non sembrano così.
Se le istituzioni non sembrano essere in grado di stare dietro a ciò che accade nelle vicende europee (vedi Stellantis e le sue delocalizzazioni) come possono esserlo quando ad essere in ballo sono questioni mondiali (vedi arrivo dei costruttori cinesi). Sembra che lavorino su un eterno presente, totalmente asincrone rispetto a quello che accade. Altro piano sul quale si poteva agire è quello delle istituzioni europee, ma appare ormai chiaro che non ci sia alcuna volontà o capacità di voler dare un forte impulso al progetto europeista con decisioni forti. Azioni che dovrebbero portare ad annullare le differenze,
azzerando l’assurda politica attuale che ha prodotto burocrazia e politiche ambientali ad obiettivi imposti.
Tradotto: per il nostro Piemonte vuol dire perdere gran parte della produzione di auto perché Stellantis preferisce, per motivi economici, farle in Polonia, Serbia e Algeria.
Se la situazione accertata è questa che senso ha, come ha suggerito Lo Russo, cercare ancora di creare sinergie con la locale industria dell’auto a Torino (dagli errori non si impara: in passato una linea di produzione è stata mantenuta grazie all’acquisto da parte del Comune di estese aree degli stabilimenti di Mirafiori, poi mai valorizzate con la società Torino Nuova Economia).
Politica a parte, a rendere ancora più difficile la situazione provvede la conseguenza negativa del gigantismo di Stellantis, alla prese con grandi problemi negli Stati Uniti e con una contrazione delle vendite in Europa. Ormai è certo, anche in questo caso, che la forza d’urto della politica europea del 2035
(anno nel quale dovrebbe terminare la produzione di veicoli con motore termico) e la scarsa capacità d’innovare darà luogo a forti ristrutturazioni aziendali: oltre alla già citata e paventata fusione ci sarà da affrontare un cambiamento di paradigma.
Ma a questo sono preparate le classiche case europee? Finora gli sforzi per cercare di produrre validi veicoli elettrici non hanno portato ai risultati sperati. Gli europei che vogliono un’auto nuova hanno rifiutato in parte l’innovazione delle vetture elettriche, soprattutto per via dell’elevato costo di acquisto (senza incentivi il mercato langue anche in Germania) e per via della rete di ricarica non all’altezza. Su questo punto, opinione personale, occorre averne una di proprietà, come ha fatto Tesla. Proprio quest’ultima si è presa gran parte degli automobilisti europei alto spendenti e innovativi, vendendo le sue vetture facilmente ricaricabili nella rete di proprietà (con i supercharger). Come uscirne? Con un new deal europeo di grande potenza, ma anche con una grande azione politica. Il fatto è che, ora come ora, ognuno pensa per sé e i venti di guerra (vecchi e nuovi) non aiutano a concentrare l’azione sui fatti “ordinari”.

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