Anni fa lessi un interessante articolo riguardo la razionalizzazione di tutto ciò che Torino offre a livello culturale e turistico. Era di facile lettura, ben scritto e poneva un quesito (dando anche una soluzione): come può promuoversi bene Torino?
La base era che a Torino ci sono tante cose da comunicare, molto interessanti.
Questo fa si, aggiungo io, che quando si tratta di promuovere la città il rischio è di fare un minestrone. La situazione si è ulteriormente aggravata con l’introduzione di eventi che rischiano di “coprire” periodicamente le attrazioni fisse, facendo percepire Torino più simile ad un “fenomeno” dagli spunti
temporanei che una città dalla solide basi culturali e tecniche, in grado di offrire costantemente cose interessanti. Questo non significa però che la componente “fissa” non possa integrarsi con quella “periodica”. Questo fa riflettere anche sulla famosa capacità di “fare sistema”: tutti ne parlano, ma nessuno di fatto lo fa. Di fatto solo i Musei Reali e le 16 residenze Sabaude hanno saputo organizzarsi, permettendo di risparmiare soldi e aumentando la loro visibilità.
Emergono quindi tante singolarità, abituate al pensiero che fare squadra significhi diluire la propria sostanza.
Ma torniamo al focus dell’articolo: dovendo immaginare quali sono le forze di Torino in campo turistico cosa emerge? Direi cose come l’arte moderna e contemporanea, il design, l’architettura, il mondo dell’auto e i grandi musei (Egizio in primis). Per cercare di organizzare bene tutto questo non bisogna
andare molto lontano e guardare realtà emiliane come la Motor Valley, cui si affianca la Food Valley. In entrambi la rete dei musei si “fonde” con quella produttiva, rimanendone però distinta. Per fare questo hanno creato un ente unico, in grado di promuovere sia la piccola collezione privata di motociclette
sia realtà più consolidate come quelli di Ferrari e Lamborghini. Del sistema del design torinese (mal promosso) abbiamo già avuto di parlarne in un precedente articolo: in confronto all’organizzazione milanese facciamo piangere.
La mia tesi è che per comunicare meglio ciò che si ha occorre far emergere bene i settori portanti, creando collegamenti fra le varie entità che li compongono. Facciamo un esempio. Negli ultimi 20 anni, con il consolidarsi di Artissima e delle altre mostre che costituiscono la “settimana dell’arte”, questo
problema è ancora più evidente. The Others, Flashback e Paratissima, sono frequentate da tanti visitatori, ma non sono mai state comunicate insieme ad Artissima. Idem TAG (Torino Art Galleries), la comunità dei galleristi torinesi che organizza diversi eventi. Andando nel campo dell’auto emerge di sicuro il Mauto, ma c’è anche la bella realtà del Centro Storico Fiat in zona corso Dante, dell’Heritage Hub a Mirafiori e della Galleria Storica dell’Industrial Village di Strada Settimo. Il campo più sguarnito è probabilmente quello dell’architettura: a parte il Festival dell’Architettura, organizzato dalla Fondazione per l’Architettura, non esiste a livello istituzionale un itinerario dedicato alla questo settore, declinato per epoche o stile. La novità di rilievo è stata l’arrivo del format inglese Open House, che ha aperto ai torinesi (e non) la possibilità di entrare in molte abitazioni private caratterizzate da una bella architettura (ovviamente illustrata dal proprietario o dall’architetto progettista).
Quest’iniziativa privata (non è proveniente dal Comune o dall’Ordine degli Architetti) fa riflettere sulle potenzialità di Torino.
Riguardo la razionalizzazione delle colonne portanti culturali nessun ente pubblico si è mosso. La loro azione consiste nel promuovere eventi e mostre un po’ alla rinfusa, come se il menu’ di un ristorante fosse tutto compilato in modo disordinato.
Occorre invece partire dalla scelta rapida e poi, se si ha tempo, approfondire i discorsi. Pensiamo ad esempio, riguardo l’architettura, ad un itinerario che illustra le opere degli architetti torinesi. Oppure ad un altro che, quartiere per quartiere, ne esalti le cose più interessanti. Nel mio piccolo ci avevo provato,
con gli itinerari di “Metropolitana Culturale”: www.metropolitanaculturale.it.
Quattro itinerari, di facile consultazione, dedicati al Design, all’arte moderna e contemporanea, all’architettura e al mondo dei motori. Ovviamente sono andato di persona a parlare a tutte le istituzioni e enti privati: il materiale fotografico e i testi sono stati da loro forniti (la parte scritta è stata rivisitata da
me). La cosa curiosa? Tutti parlavano della necessità di “fare sistema”, ma, a distanza di anni, le cose sono ancora come allora. Stesso discorso per quanto riguarda il discorso di Torino come “porta d’accesso” verso altri “mondi” vicini, come le Langhe e le montagne. In questo caso qualcosa si è mosso, senza però dare risultati tangibili. Di questo, e di come sono comunicati il Piemonte e Torino, ne parleremo in un altro articolo. Così come parleremo, con il nostro consueto stile diretto di quello che è il “sistema Torino”. Anticipo il mio pensiero: attualmente non ha alcun progetto (a dire il vero da diversi anni manca una visione). Questo sta provocando danni enormi a Torino, grazie all’egoismo di quei pochi che forse pensano più al loro interesse che a quello della città .
Foto: Archivio Alinari – pagina gruppo FB “Torino sparita su facebook”.
Bravo Filippo, sono un operatore turistico incoming dal 2001 e confermo: Torino città metropolitana ha un nome che non + sostenuto da un reale progetto, vi sono intuizioni, anche giuste, “intuizioni/visioni” dotate di potenzialità e originalità, ma a cui non segue un reale confronto tra pubblico e privato che le concretizzi.
Talvolta la torinocentricità del pensiero riduce e restringe la forza dei progetti, allontanandone la realizzazione e riducendone il potenziale successo derivabile. Prosit